Gote o takatekote?

La legatura con le mani dietro la schiena è forse la forma più iconica del bondage giapponese.

Ma qual è il nome di questa figura? “Gote” o “takatekote”? Oppure “munenawa”?

Non è semplice rispondere a questa domanda.

Intanto possiamo dire che “gote” e “takatekote” sono l’abbreviazione di “gote shibari” e “takatekote shibari”, dove “shibari” significa “legatura”; va detto che questi termini – quanto meno dal dopoguerra in poi – vengono usati generalmente nella loro forma accorciata.
“Munenawa” significa invece corda (“nawa”) sul petto (“mune”) e quindi indica qualsiasi legatura che costringe il busto ma che non necessariamente comprende anche le mani.

Ad oggi la maggior parte dei maestri giapponesi intendono con “gote” qualsiasi legatura della parte alta del corpo con le mani dietro la schiena e con “takatekote” più specificatamente le legature in cui le mani dietro la schiena sono incrociate in alto, con le braccia piegate ad angolo acuto.

Quindi usate tranquillamente queste parole in queste accezioni e andate sicuri!

Ma sappiate che non sono significati universalmente accettati e che non è sempre stato così.

“Gote shibari” (後手), come abbiamo detto, indica tutte le legature (“shibari”) in cui le mani (“te”) sono dietro (“go”) la schiena. Può essere detto anche “ushirode shibari”, perchè il kanji “go” può essere letto anche “ushiro”.

Se invece le mani sono legate davanti al petto allora si usa il suffisso “mae”, da cui “maete shibari”.

Fin qui tutto semplice.

Attenzione però che il termine “te” in giapponese non indica una parte del corpo ben precisa, ma il braccio in generale, dalla spalla alla punta delle dita, quindi “te” può riferirsi sia al “braccio” che alla “mano”.

Fatte queste premesse, veniamo adesso alla parola “takatekote” (高手小手) o “takatekote shibari”.

L’espressione “takatekote” è presente da sempre in giapponese e si trova generalmente associata al verbo “shibaru” (“legare”) e significa “con le braccia e le mani (legate)”.
La si trova anche nel dizionario giapponese-inglese del 1867 di J. C. Hepburn (il missionario statunitense che ha inventato l’omonimo sistema di trascrizione del giapponese).
In esso infatti possiamo leggere “Takadekode, adv. Used in the phrase ‘— ni shibaru’, to tie the hands behind the back”.
Questa espressione si trova anche in dizionari contemporanei, come per esempio il famoso Sanseido, che per “takatekote” riporta “両手をうしろに回して、二のうで〔=高手〕から手首まで厳重に しばること”, ovvero “l’atto del legare strettamente le braccia dietro la schiena dalla parte alta del braccio (=takate) al polso”).

Anche Seiu Ito utilizza questa espressione per esempio in “Seme no kenkyu” (“責めの研究”, “Ricerca sulla tortura”) del 1928, dove possiamo trovare “荒縄で高手小手に縛られて” ovvero “con le braccia e le mani legate con una corda di paglia”.

Insomma, “takatekote” è quasi un sinonimo di “gote”, anche se solo “gote” indica espressamente che le braccia siano dietro la schiena.

Foto di Seiu Ito

Nelle definizioni viste finora non troviamo però da nessuna parte un riferimento al fatto che i polsi siano rivolti verso l’alto.
Com’è nata dunque questa nuova accezione del termine “takatekote”?

“Takatekote” è un’espressione formata da quattro kanji che presi singolarmente significano
– taka (高), alto
– te (手), braccio/mano
– ko (小), piccolo
– te (手), braccio/mano
Quindi, traducendo un kanji alla volta, otterremmo l’espressione “alta mano piccola mano”, oppure “alto braccio piccolo braccio”, che non significa nulla.

Possiamo allora provare a dividere “takate” e “kote”, due parole che effettivamente esistono anche singolarmente nella lingua giapponese.
“Takate” (高手) può significare sia “parte alta del braccio” che “mani in alto”, mentre “kote” significa “parte bassa del braccio”.

Già così ha più senso, anche se ricordiamoci che in giapponese “takatekote” è un’espressione da prendere tutta insieme, senza dividerla, e che significa, come abbiamo già detto, “braccia e mani”.

Tuttavia alcuni nawashi hanno fatto riferimento a diverse “etimologie” della parola “takatekote”.

Legatura di Tsukamoto Tetsuzo

Nel numero del settembre 1961 della rivista Kitan Club Tsukamoto Tetsuzo illustra un tutorial su come realizzare “la versione più semplice di takatekote” spiegando che il takatekote si chiama così perché “高手小手という言葉の,高手がニの腕に当り,両手首が小に当るのですから,てれで,高手と小手の両方に,縄を掛けたてとになります”, ovvero “nella parola takatekote, takate si riferisce alla parte alta del braccio e kote ai polsi, quindi [significa che] la corda deve legare entrambe le braccia e i polsi”.
Dunque Tsukamoto intedeva “takate” come parte alta del braccio (ovvero “ude”, 腕).

Ma c’era anche chi spiegava “takate” come “mani in alto”.
Per esempio Minomura Koo nel primo volume di “美しき縛しめ” (“Utsukushiki imashime”, “La bella punizione con la corda”) del 1953 nella didascalia della foto intitolata “Takatekote” scrive: “Iniziando con le mani dietro la schiena, ho passato la corda sul collo e ho sollevato i polsi al di sopra della linea orizzontale. La sua testa quindi si è inclinata all’indietro e la sua faccia guardava in alto. Questo mostrava quando le mani fossero tirate verso l’alto. Inoltre ho girato strettamente la corda avanzata alla parte alta delle braccia due volte. Questo è letteralmente un ‘takatekote'”.

Questa accezione del termine “takatekote” è quella oggi più diffusa e probabilmente questo cambiamento di significato è emerso solo nell’ambiente del bondage.

Si può ritenere che la scelta di differenziare le legature con i polsi orizzontali o in basso da quelle con i polsi verso l’alto sia stata dovuta anche al fatto che questa seconda posizione fosse ritenuta esteticamente più interessante perché “dà una sensazione di schiavitù” (“緊縛感を現している言ろこともいえる”), come anche afferma Takashi Tsujimura in “後手と高手小手による緊縛美の考察” (“Considerazioni sulla bellezza del kinbaku nel gote e takatekote”), un articolo nel numero dell’aprile 1953 di Kitan Club.

Questo sarà il gusto estetico anche di altri artisti, come per esempio Nureki Chimuo. Per esempio in un suo “緊縛ナイショ話” “Conversazioni riservate sul kinbaku”, Nureki sensei scrive “私に限っていえば、私が最もエロチシズムを感じ、興奮するのは、女性を後ろ手にして、その手首が背後の高い位置で交差され、固定されている眺めである。つまリ、高手小手である。” ovvero “per quanto mi riguarda, quello che trovo più erotico ed eccitante è vedere la schiena di una donna con i polsi incrociati e piegati in alto. In altre parole è un takatekote.”

Legatura di Nureki Chimuo

Probabilmente negli anni Cinquanta e Sessanta, un’epoca “pionieristica” per lo sviluppo del bondage giapponese moderno, c’era un certo “sperimentalismo” sia nelle tecniche che nella definizione di quest’ultime.

“Takatekote” poteva indicare forme diverse tra di loro e una stessa legatura poteva essere chiamata “gote”, “ushirode shibari”, “takatekote” o persino “gote takatekote”, come in una foto nel numero del febbraio 1964 di Kitan Club.

Takashi Tsujimura, Takatekote, Kitan Club 1953/04
Koji Sugihara, Takatekote, Kitan Club, 1954/04
Takashi Tsujimura, Gote shibari, Kitan Club, 1962/04
Anonimo, Gote takatekote, Kitan Club 1964/02

La denominazione e la spiegazione delle forme usate nel bondage giapponese è infatti estremamente libera e, a differenza di quanto accade in Occidente, non c’è l’interesse per “dare un nome” o “standardizzare” le legature.

Anche ai giorni nostri, ci sono nawashi che usano soltanto il termine “gote” per indicare qualsiasi legatura con le braccia dietro, altri che distinguono “gote” e “takatekote” e altri ancora che usano intercambiabilmente entrambi i termini.

Quindi non esiste una soluzione se non usare un generico “gote” in ogni occasione oppure orientarsi in base a considerazioni proprie o alla scelta del maestro con cui abbiamo studiato.

Fortunatamente, come diceva Shakespeare, “quello che chiamiamo rosa avrebbe lo stesso profumo anche con un altro nome”!

REFERENZE

Kinbakunomicon, episodi 6 e 20: https://www.kinbakunomicon.com

Dizionario Hepburn, edizione 1867: https://deriv.nls.uk/dcn23/7988/79881705.23.pdf

Gote / takatekote su Nawapedia: http://nawapedia.com/index.php?title=Gote_takatekote

Kitan Klub online: https://nawa-art.com/backnumber/backnumber.htm

“Beautifully bound” in Kinbaku books: https://kokoro-kinbaku.com/2015/01/21/beautifully-bound-1953-a-presentation/

Grazie a I.M. per il prezioso aiuto con le traduzioni dal giapponese.

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