Come ho scoperto il bondage
Perché il bondage è così attraente? Perché piace a così tante persone?
Queste sono due domande alle quali per anni non avrei saputo rispondere.
Sarò sincero: a me il bondage non piaceva. Avevo una sessualità “kinky”, facevo BDSM, ma davvero non riuscivo a capire che cosa ci potesse essere di interessante nel mettere delle corde su un corpo. Certo mi capitava di legare le mie partner, sapevo fare diverse legature, ma non era certo una mia passione. Tra l’altro – mi dicevo – se si tratta semplicemente di immobilizzare una persona, esistono soluzioni più semplici e comode delle corde.
Poi un giorno qualcosa è cambiato. Era il 2010. Avevo concluso da poco un’importante storia sentimentale e avevo bisogno di qualcosa di diverso, qualcosa che mi facesse pensare ad altro e che mi desse dei nuovi stimoli. Fu proprio in quel periodo che scoprii il bondage, prima quello americano e poi quello giapponese.
Questa nuova pratica mi prese profondamente e mi ci gettai a capofitto. Ho viaggiato, incontrato persone, frequentato corsi e lezioni. Da quel momento la mia vita è cambiata profondamente e il bondage ora è il mio lavoro, oltre che una passione.
Ma che cos’è che mi ha fatto cambiare idea?
Ci sono vari aspetti che possono colpire una persona che si imbatte in una foto o in un video di bondage su internet o che assiste a una performance. Io fui catturato da ognuno di essi.
La tecnica. Il bondage giapponese ha un aspetto tecnico e una complessità – il gesto di chi lega, i suoi movimenti, le forme che si creano – che sono affascinanti.
La bellezza. La bellezza squisitamente fotografica di una foto oppure quella che ti tocca dentro data dalle emozioni e della relazione che si può vedere tra chi lega e chi è legato.
La sessualità. Fare corde significa avere con un’altra persona un’interazione sensuale, non riconducibile solo alla sessualità genitale, ma anche alla dimensione della cura, della sensorialità, del gioco. Giocare con le corde mi permette di esprimere il mio modo di fare BDSM – lo scambio di potere, l’umiliazione, il sadomasochismo – e di farmi sentire nello stato d’animo che io ricerco nell’intimità.
Il bondage parla a tutte le “anime” umane: alla testa, al cuore e alla pancia. Parla ai desideri e alle fantasie ma è anche qualcosa di tangibile; come diceva Yukimura sensei, “il bondage sta al confine tra il mondo reale e quello della fantasia”.
Fare corde significa essere catapultati in un’esperienza profonda, complessa, viscerale che ha un qualcosa di ineffabile, di irriducibile.
A volte tutto questo riesce a far “risuonare” qualcosa dentro di noi; basta anche solo un particolare marginale che però per noi è fondamentale per poter trovare la chiave per capire questa pratica. Può essere una parola, un gesto, il racconto di quello che prova una persona quando lega o viene legata; non a tutti toccherà la stessa “anima”, non a tutti lo farà allo stesso modo. Ci sono persone che mi contattano anche diversi anni dopo aver visto una mia performance e che hanno avuto bisogno di tempo per elaborare quello che avevano provato.
Forse è successo proprio questo ormai diversi anni fa dentro di me; nonostante conoscessi già il bondage, c’è stato qualcosa che ha fatto germogliare un “seme” che si è poi sviluppato molto velocemente. Da allora ho capito che nelle corde c’era molto di più di quello che ero riuscito a vedere fino ad allora.
Le corde rappresentano un vero e proprio legame che si crea tra due persone; quando lego, io e la mia partner siamo all’interno di una “bolla” nella quale ci siamo solo noi due e le nostre energie.
Per questo motivo non riesco a fare bondage con chiunque: ci deve essere energia e chimica, ci deve essere un certo feeling, altrimenti l’esperienza diventa vuota e a volte persino svilente.
Tutto questo è un meraviglioso dono reciproco. Quando vedo la mia partner gemere tra le corde o essere percossa da un bambù in un misto di dolore, piacere, voglia di fuggire e al tempo stesso di rimanere, a volte mi meraviglio di quanto questo dono possa essere per entrambi impegnativo e coinvolgente.
E poi il bondage può essere realizzato in mille modi e con materiali diversi; non esiste solo quello fatto con le corde! E può essere inserito all’interno di una sessione giocando anche con altri sex toy: frusta, flogger, cera, vibratori…
Anche oggi che faccio bondage professionalmente, quando lego per me, senza pubblico o allievi, faccio cose molto semplici. Gli aspetti principali del mio BDSM sono rimasti la disciplina, la sottomissione, il sadomasochismo e il bondage è solo uno strumento in più. Chi mi segue sui social pensa a volte che io passi le giornate a legare: in realtà è una pratica per me relativamente marginale, anche perché voglio che rimanga tale per far sì che ogni volta sia per me qualcosa di eccezionale e non di routine.
Andate dunque a vedere una bella performance di bondage dal vivo, non limitatevi a cercare informazioni su internet; è la stessa differenza che intercorre tra ascoltare un cd o assistere ad un concerto. E quando sarete lì vi potrà capitare di veder piangere qualcuno tra il pubbico, proprio perché quello che succede sul palco sta “risuonando” dentro di lui. O magari piangerete voi stessi.
A volte un racconto vale più di mille spiegazioni. Il bondage è qualcosa che mi dà serenità, che mi fa chiudere gli occhi e sorridere al solo pensiero; la sua magia è quella di riuscire a mettermi in relazione con le parti più profonde mie e di un’altra persona, in modo intimo e sincero, senza bisogno di dire neanche una parola.