Questo è un articolo pubblicato da Osada Steve nel suo blog e che io ho tradotto e ripubblicato col permesso dell’autore. 

Il “muganawa” non è un concetto tradizionale del bondage giapponese ma un’idea originale di Osada Steve ispirato ad alcune riflessioni del maestro Denki Akechi e al buddismo zen.

Tuttavia questo articolo mi ha fornito alcuni spunti di riflessione e per questo motivo ho deciso di tradurlo.

Il “muga” (無我) è un concetto della tradizione buddista e si riferisce al “non-io”, alla vacuità, all’essere privi di intenzione. In quanto tale non è certo la prima cosa a cui si pensa parlando di shibari/kinbaku (縛り/緊縛); in fondo il desiderio e la passione non sono forse l’essenza di ogni sessione con le corde?

Prima di parlare più approfonditamente del muga e di capire come possa essere applicato allo shibari/kinbaku, diamo un’occhiata indietro nel tempo.

Il carattere cinese 縄 può essere letto sia “nawa” che “jo”; esso significa “corda”, ma, a seconda del contesto, può anche indicare un particolare stile di bondage o una sua forma. Per fare un altro esempio prendete i caratteri di “hojojutsu” (捕縄術), l’antica arte di immobilizzare con le corde: gli stessi tre kanji possono essere letti anche “torinawajutsu”.

Ebbene, proprio questa “arte”, nella sua forma di “hoshu hojojutsu” (捕手捕縄術), fa parte delle “diciotto abilità dei samurai” (“bugei juhappan”, 武芸十八般); in quanto tale l’hojojutsu ha sviluppato tecniche di legatura per centinaia di anni e rappresenta un’importante base del moderno shibari/kinbaku.

Consideriamo poi altri esempi in cui la lettura di 縄 è “nawa”: 責め縄 (“semenawa”), legature per la tortura, 首斬縄 (“kubikirinawa”), legature per la decapitazione, 火焙縄 (“hiaburinawa”), legature per essere bruciati ad un palo, 早縄 (“hayanawa”), la corda – più corta – utilizzata per una rapida immobilizzazione, 本縄 (“honnawa”), la corda – più lunga – che serviva a realizzare una legatura più complessa una volta che il prigioniero era stato arrestato.

Tornando al fatto che le legature del moderno shibari sono basate sulle tecniche delle antiche arti marziali dei samurai (il “kobudo”, 古武道), per estensione ne deriva che lo shibari/kinbaku è guidato dagli stessi principi delle arti marziali giapponesi. Così come la conoscenza delle arti marziali poteva fare la differenza tra la vita e la morte, similmente non è inverosimile ritenere che una solida preparazione nelle abilità del legare e l’osservanza di alcuni principi basilari possono fare la differenza tra una mediocre sessione di bondage e una spettacolare di kinbaku.

Torniamo ora velocemente al muga (無我) e a quello che può offrire alle vostre esperienze con le corde. Innanzitutto riflettiamo su ciò che il leggendario maestro Akechi Denki (明智伝鬼) mi ha spiegato due settimane prima di morire: “Svuoto la mente e in questo modo le idee semplicemente arrivano a me, dall’interno o dalla partner con la quale sto lavorando. Alcune volte le corde si muovono da sole e le mie mani semplicemente le seguono e questa è sempre un’esperienza sorprendente. Io, semplicemente, scompaio. Lo shibari è sempre molto bello quando questo accade.”

In questo vaga idea di “svuotare la mente” risiede anche una regola fondamentale dei samurai che praticavano la scherma giapponese ad alto livello, un principio esposto da Miyamoto Musashi nel suo “Libro dei cinque anelli”, nel quale egli elabora approfonditamente il concetto di muga, con il “quinto anello” che indica il vuoto, l’inesistenza, la vuotezza della mente.

Questo ci porta direttamente al muganawa (無我縄). Come protagonisti attivi in una sessione di corde immaginate di perdere tutti i vostri pensieri, tutti i vostri desideri; potete farlo perché i sentimenti di amore e di empatia per il vostro partner escono ora allo scoperto. Volete dare, non ricevere. Il vostro obiettivo non è soddisfare i vostri desideri, ma ricercare uno stato di coscienza amplificata che vi permetta di comprendere i sottili messaggi e i segnali che provengono dalla persona passiva che si sta sottomettendo davanti a voi.

Se le cose andranno in questo modo, sarete capaci di leggere il vostro partner come un libro aperto, sviluppando un’efficace comprensione dei suoi bisogni, addirittura migliore di quanto egli stesso o ella stessa faccia in quel preciso momento e forse anticipando le sue necessità.

Ricordate che per capire correttamente il vostro partner dovete essere in uno stato mentale oggettivo e neutro, privo di falsi presupposti e convinzioni.

In sostanza una sessione di muganawa è caratterizzata dall’enfasi posta sul lasciare il partner passivo libero di sviluppare il suo potenziale piuttosto che dall’imporre il volere del protagonista attivo.

La ricerca del muga non si ottiene leggendo un libro o spingendo un interruttore, ma raggiungendo un equilibrio mentale tramite un approccio alle corde che sia totalmente privo di egoismo. Il muganawa non è tutto e non è l’unico modo per godersi il bondage, ma vi incoraggio a provare ogni tanto a ricercarlo.

Osada Steve

Post originale: http://www.tokyobound.com/blog/?p=317